#UnstoppableWomen: come ci si sente nella lista delle 150 donne da seguire su innovazione, digitale e startup in Italia
Agosto è, in teoria, il tempo della pausa, della vacanza. Spesso diventa il momento del recupero, della riflessione, dei bilanci. Dall’anno scorso David Casalini, fondatore e amministratore delegato di Startup Italia, la più grande community italiana dedicata a studenti, imprenditori e investitori, che compongono l’ecosistema delle startup e dell’innovazione in Italia, edita proprio a ferragosto una bella lista. Dedicata alle donne imprenditrici, scienziate, “donne dell’innovazione” da conoscere, seguire e sostenere in Italia.
Il perché è presto detto, come ci ricorda lo stesso Casalini: secondo i dati di Union Camere nel 2017 le startup innovative con una prevalenza femminile sono state 991, solo il 13,4% del totale, contro un’incidenza del 17% se si prende in esame l’universo delle società di capitali. Le startup innovative in cui almeno una donna è presente nella compagine sociale sono state 3.175 (il 42,9% del totale, quota inferiore a quella fatta registrare dal complesso delle società di capitali, 49,5%). A questi dati aggiungerei anche quelli sul Gender Gap Index, prodotto dal World Economic Forum, che mette le donne italiane al 41° posto nel mondo.
Ma come rivela l’articolo di Startup Italia, la presenza al femminile nel mondo dell’innovazione digitale e sociale, c’è, eccome. Ed andrebbe incentivata. Basta scorrere la lista e i profili delle prime 150 donne professioniste, scienziate, attiviste in Italia. Bisogna ricordare che, spesso, la strada dell’innovatore, in ogni campo, è solitaria. E forse quella dell’innovazione al femminile lo è ancora di più. Ma è vero, ed è uno dei motivi per cui il mio nome appare nella lista delle #UnstoppableWomen, che una rete di innovatrici nel digitale, in Italia c’è, eccome.
E molte di loro, che ho cononosciuto, apprezzato e con cui ho anche collaborato su diversi progetti, sono presenti in questa lista. Come Flavia Marzano, che ringrazio, Daniela Vellutino, Anna Masera. E chi magari nell’elenco, non esaustivo e che può e deve essere implementato, come ricorda David Casalini, non c’è ancora, ma tutti i giorni agisce in modo concreto e costruttivo nel digitale in ogni sfera professionale. Penso a Claudia Vago e Fernanda Faini, ad esempio, ma tante altre amiche e colleghe.
Nel caso di un progetto di innovazione per l’informazione come Cittadini Reattivi, che in Italia è stato solo finanziato, finora, da una campagna di crowdfunding su Produzioni dal Basso, grazie a Banca Popolare Etica, il gap è stato proprio quello di far capire che era un progetto su cui valeva la pena investire. Che l’impatto sociale era rilevante. Ma come sappiamo, il tema della sostenibilità economica dei progetti editoriali, peggio che peggio a metà tra il giornalismo civico e l’attivismo, è un rebus non solo italiano, ma mondiale.
Come dissi qualche tempo fa, ricordando la mia partecipazione al tour di Repubblica Next, quando venni selezionata con il mio progetto “Cittadini Reattivi” tra gli innovatori italiani, definii io stessa la mia startup “lungo degente”. Già, perché Cittadini Reattivi, alla fine, non lo è diventata ancora. Senza veri investimenti e investitori, ad oggi è un’associazione di promozione sociale, con uno statuto innovativo, forse, più simile a quello di una fondazione. Ed è dovuta ricorrere al sostegno dei cittadini.
Ma fatti e riconoscimenti mi hanno dato ragione. Cittadini Reattvi ha ricevuto lo scorso maggio la menzione speciale al Premio #OpenGovChampion da parte della Presidenza del Consiglio e del Dipartimento della Funzione Pubblica per aver contribuito a diffondere la cultura dell’opengov in questi anni. E’ stata selezionata ccome case study su Gather la piattaforma collaborativa nata dal progetto sul crowdsourcing journalism guidato da Propubblica nel 2015 in cui Cittadini Reattivi era già stata accolta, selezionata dall’Agora Journalism Center dell’Università dell’Oregon. E’ arrivata, grazie al lavoro in rete a tutela dei cittadini ad essere invitata al convegno internazionale degli Ombudsman in Spagna, lo scorso maggio.
Ora che tutti i giorni si parla di sostenibilità ambientale, di salute, di ambiente, di come combattere il peso della corruzione che blocca lo sviluppo della società italiana. Di open data, open gov, trasparenza, partecipazione, monitoraggio civico e crowdsourcing, so, sappiamo che la strada era quella giusta. E dall’esperienza di questi anni è nato anche il mio progetto di formazione al digitale “Social&Professional” che sfocia nell’empowerment al femminile (che presto riprenderà) e “Storie Resilienti” per documentare con video inchieste, documentari e ebook la resilienza civica. come ho già raccontato nel primo doc-inchiesta “La rivincita di Casale Monferrato”. Senza interrompere la mia attività di giornalista, attualmente per Valori.it.
Anche per questo sono contenta di essere nella lista delle “Unstoppable Women” italiane. Felice che anche il mio lavoro resiliente e “inarrestabile” nell’informazione e nell’innovazione digitale, sociale e civica, possa ispirare tante altre donne e sia energia per l’Italia.
Tanto resta da fare. Ma tanto è stato fatto. Giusto ricordalo.
Grazie.